Il 25 gennaio 2016 non è una data a caso, è una data che deve rimanere impressa nella memoria e che purtroppo pare essere stata, se non dimenticata, in parte accantonata.
Sono trascorsi più di due anni da quel giorno, da quando il ricercatore italiano Giulio Regeni fu rapito in Egitto e il cui cadavere è stato trovato solo una settimana dopo seviziato e mutilato nel peggiore dei modi. Ben due anni dopo, ancora non si sanno le motivazioni e i reali responsabili di questa tremenda violazione dei diritti umani e, in particolare, di Giulio.
Lo stato italiano non ha ancora reso prioritaria la necessità di trovare una verità celata dietro una tragedia del genere che coinvolge un cittadino italiano, uno studioso, un giovane ragazzo pieno di vita e speranze, che i genitori hanno riconosciuto solo dalla punta del suo naso.
L’Italia deve impegnarsi e andare a cercare la verità direttamente al Cairo. È necessario sapere chi e perchè ha ucciso Giulio e punire chiunque abbia violato cosí gravemente i diritti dell’umanità intera.
Tutta l’Italia, da nord a sud, si è unita all’appello che i genitori di Giulio portano avanti da due anni chiedendo verità per Giulio con fiaccolate silenziose e commosse che hanno tinto di giallo una vicenda che è in realtà rossa come il sangue.
In moltissimi si sono aggiunti a questa fiaccolata che ha accompagnato i genitori di Giulio e tutti coloro che volessero essergli vicino, compresi artisti come PIF, Vinicio Capossela, Valerio Mastandrea, non ultimi a far parte della cosiddetta scorta mediatica che da mesi segue e sostiene i genitori di Giulio per sostenere il loro appello tramite l’hashtag #veritàpergiulioregeni.
Sperando che presto si giunga ad una qualche pista che possa portare alla verità ricordiamo Giulio per quello che era, un giovane ragazzo che aveva lasciato la terra tanto amata per inseguire un sogno e che è stato, suo malgrado, inghiottito da esso. Siamo tutti Giulio Regeni.