I carabinieri del Comando provinciale di Trapani, insieme ai soldati dei ROS e dello Squadrone caccia calabrese, hanno arrestato, in esecuzione di un ordine di custodia in carcere, G. Nicolò, classe 71, allevatore, senza censura, ritenuto responsabile dell’omicidio di Maresciallo Capo dei Carabinieri Silvio Mirarchi.
La misura cautelare, emessa dal giudice del Tribunale di Marsala, dott.ssa Annalisa Amato, su richiesta dell’ufficio del procuratore locale diretto dal dott. Vincenzo Pantaleo, raggiunge il culmine di un’intensa indagine, coordinata dal sostituto procuratore dott. Anna Sessa si è sviluppata subito dopo il ferimento del maresciallo Mirarchi dall’Unità Investigativa del Comando Provinciale di Trapani e dall’Unità Operativa della Marsala, con il supporto del Dipartimento di Investigazioni Scientifiche di Messina.
La sera del 31 maggio 2016, l’Ispettore dell’Arma, insieme ad un altro collega, era impegnato in un servizio di Polizia Giudiziaria, organizzato dalla Compagnia dei Carabinieri di Marsala, nelle aree rurali del centro di Lille.
I militari, mentre erano di stanza in un fondo agricolo di C. da Vintrischi, verso le 21.30, udirono voci e rumori provenienti da alcune serre non molto distanti.
Nel tentativo di controllare ciò che stava accadendo, si avvicinarono e, dopo aver superato le qualifiche e aver ordinato l’alt, furono immediatamente colpiti da diversi colpi di arma da fuoco, uno dei quali colpì l’area renale il maresciallo Mirarchi.
Trasportato all’ospedale di Marsala, subì un primo intervento chirurgico e poi lo trasportò all’Ospedale Civico di Palermo dove, ancora una volta sottoposto a un intervento chirurgico, morì nel pomeriggio del 1 ° giugno.
L’attività investigativa, immediatamente sviluppata, permise di arrestare, già nelle ore successive, l’arrestato D. Francesco, responsabile della coltivazione del narcotico, ma anche di identificare un primo sospetto in G. Nicolò.
Infatti, fino allo scorso marzo, era il gestore delle serre e presidente di una società cooperativa a cui erano stati affittati. Questa carica e gestione è stata poi venduta da G. a D..
Il G., interrogato nell’immediatezza, fornì comunque una descrizione dei suoi movimenti, compiuti a cavallo dell’evento criminale, assolutamente non veritieri sull’esito delle constatazioni fatte dai Carabinieri.
G., infatti, ha riferito di essere rimasto a casa tutta la sera e si è addormentato verso le 22:00, quando, in realtà, l’analisi delle registrazioni telefoniche ha mostrato che era sveglio e soprattutto che i suoi utenti hanno agganciato la cella compatibile con il luogo di l’omicidio. Inoltre, la sua auto è ripresa riprendendo due telecamere CCTV, trovate dai Carabinieri, lungo l’eventuale via di fuga dal luogo dell’assassinio, proprio nei minuti successivi all’esplosione di colpi di arma da fuoco.
Ma anche un’altra prova fondamentale è stata acquisita dai militari dell’Arma contro Nicolò G.: è stato sottoposto a STUB, ovvero al tampone utile per rilevare le armi da fuoco, che, successivamente analizzato presso i laboratori di RIS Messina, ha dato un risultato positivo. In effetti, numerose tracce inequivocabili di polvere da sparo sono state trovate anche sui capi dei G., sequestrati dai Carabinieri poco prima che fosse in grado di lavarli.
Le indagini hanno anche dimostrato che G. non era estraneo alla coltivazione di marijuana coltivata da D., ma era un partner, ma infedele. Infatti, approfittando dell’assenza dei partinici di sera e di notte, stava rubando, insieme ad altri complici, le piante delle serre.
Come prova di quanto sopra, lui, in una conversazione intercettata sul suo telefono, dice che in quella cultura aveva investito così tanto e si rammaricava solo dell ‘”inferno” che ne era derivato.
Nessuna parola di rimpianto era diretta verso il maresciallo Mirarchi.
Le attività investigative continuano incessantemente a garantire la giustizia degli altri complici coinvolti nel brutale omicidio.